Si apre e chiude navigando i mari dell’anima e dell’inconscio questa riscrittura dell’opera di Melville di Davide Sacco. Come pure, i grandi monologhi di Shakespeare, Moliere, Artaud – ripercorsi da Achab – che ne compongono le onde.
con
STEFANO SABELLI Achab
GIANMARCO SAURINO Ismaele
GIUSEPPE SPEDINO MOFFA musiche dal vivo
“Chiamatemi Achab. Chiamatemi Ismaele. Chiamatemi Nessuno!”
Si apre e chiude navigando i mari dell’anima e dell’inconscio questa riscrittura dell’opera di Melville di Davide Sacco. Come pure, i grandi monologhi di Shakespeare, Moliere, Artaud – ripercorsi da Achab – che ne compongono le onde.
In un mare che si fa oceano infinito di conoscenza, il vecchio Capitano del Pequod, si trasforma nei protagonisti del Teatro e della Letteratura d’ogni tempo, solcando i flutti e sfidando tutto e tutti per sete di sapere. Figlio naturale della cultura occidentale, Achab nella Balena bianca vede i limiti dell’uomo e si getta nel suo iperbolico inseguimento con l’unica fiocina per lui possibile: l’ostinazione al Sogno e all’Arte di perseguirlo, come sfida al Sonno della Ragione.
“L’uomo non è mai padrone del suo destino se non insegue un sogno e se non ha l’ostinazione per realizzarlo, quel sogno!”
Ad accompagnarlo su questi mari, Ismaele. Giovane, forte, bello ancora inesperto ma non ingenuo. Del suo Capitano, Ismaele ammira la capacità di stare sempre sull’onda, con ogni vento, nella sfida infinita a Natura, Fato, Divino. Riconosce e trova in Achab “Re del dolore” la tenacia e la capacità d’improvvisare, per andare oltre i propri limiti. Un maestro da seguire, quando non piuttosto un padre che ritrova – troppo tardi, forse! – il figlio perso, anche lui ora disposto a sfidare il proprio mostro, dentro il mare del sé.
La scenografia di Stefano Sabelli evoca la tolda di una baleniera, con alberi e vele, in rotta su un oceano infinito di libri. Il pubblico, accomodato intorno alla nave, a ridosso degli attori, è inglobato nell’azione scenica. Un mare fluttuante, chiamato in causa pure come equipaggio del Pequod.
Le musiche di Giuseppe Moffa eseguono dal vivo una suite mediterranea che da voce e corpo al terzo interprete, sempre evocato, di questo allestimento: la Balena bianca. L’uso di loop machinee di strumenti della tradizione popolare miscela note e suoni dell’anima che preparano l’urlo finale, straziante e lancinante, della zampogna. Quando emerge, abbagliante e bianca, dai flutti dell’anima di Achab: Moby Dick, la Bestia dentro.
“…In un unico atto si è navigato nella propria anima, tra sogni, illusioni, rimpianti e paure. Una favola senza tempo sui limiti dell’uomo e la sua continua voglia di superarli. Straordinarie e coinvolgenti le interpretazioni di Stefano Sabelli, nelle vesti del Capitano Achab, e Gianmarco Saurino, nei panni del giovane marinaio Ismaele, forse padre e figlio. Il Vecchio e il Giovane, un passaggio di testimone a bordo della nave, nella continua caccia alla bestia nascosta nel profondo dell’Uomo… Le musiche eseguite dal vivo con cornamusa, chitarra e fisarmonica dal bravoGiuseppe Spedino Moffa, hanno riprodotto i suoni del mare e i versi della Balena.”
Una bestia che abita il mare e l’animo dell’uomo. Due generazioni a confronto. Così come i sogni, le aspettative, i ricordi, le esperienze,. Energica l’interpretazione di Saurino, magistrale quella di Sabelli. attraverso ritmi perfettamente cadenzati, regalano al pubblico un momento di profonda riflessione, perché ognuno possiede in se la ricerca sfrenata di Moby Dick, di un’ossessione irraggiungibile.
…straordinarie interpretazioni di Stefano Sabelli nelle vesti di un carismatico e furioso Achab e di Gianmarco Saurino nei panni del giovane Ismaele, una sorta di figlio/alter-ego del capitano … Achab e Ismaele solcano i mari della loro interiorità travolgendo gli spettatori con le loro travolgenti interpretazioni: urlano, cadono e si dimenano sul ponte della nave con tale impeto e forza espressiva da rendere tangibile e addirittura fisico il loro irrefrenabile desiderio di sfidarsi e andare, fino alla fine, oltre i propri limiti.

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