MOBY DICK, LA BESTIA DENTRO

Si apre e chiude navigando i mari dell’anima e dell’inconscio questa riscrittura dell’opera di Melville di Davide Sacco. Come pure, i grandi monologhi di Shakespeare, Moliere, Artaud – ripercorsi da Achab – che ne compongono le onde. 

con

STEFANO SABELLI Achab

GIANMARCO SAURINO Ismaele

GIUSEPPE SPEDINO MOFFA musiche dal vivo

  • testo e regia Davide Sacco
  • scene Stefano Sabelli
  • costumi Martina Eschini
  • disegno luci Daniele Passeri
  • fonico Gianmaria Spina
  • aiuto regia e produzione Eva Sabelli
  • foto di F.Rabino, T.Le Pera, M.Ferrante, I.Capussi, L.Onza, T.Ionta
  • prodotto da Compagnia del Loto di Teatrimolisani
tratto da MELVILLE

MOBY DICK, LA BESTIA DENTRO

“Chiamatemi Achab. Chiamatemi Ismaele. Chiamatemi Nessuno!”

Si apre e chiude navigando i mari dell’anima e dell’inconscio questa riscrittura dell’opera di Melville di Davide Sacco. Come pure, i grandi monologhi di Shakespeare, Moliere, Artaud – ripercorsi da Achab – che ne compongono le onde. 

In un mare che si fa oceano infinito di conoscenza, il vecchio Capitano del Pequod, si trasforma nei protagonisti del Teatro e della Letteratura d’ogni tempo, solcando i flutti e sfidando tutto e tutti per sete di sapere. Figlio naturale della cultura occidentale, Achab nella Balena bianca vede i limiti dell’uomo e si getta nel suo iperbolico inseguimento con l’unica fiocina per lui possibile: l’ostinazione al Sogno e all’Arte di perseguirlo, come sfida al Sonno della Ragione.

“L’uomo non è mai padrone del suo destino se non insegue un sogno e se non ha l’ostinazione per realizzarlo, quel sogno!”

Ad accompagnarlo su questi mari, Ismaele. Giovane, forte, bello ancora inesperto ma non ingenuo. Del suo Capitano, Ismaele ammira la capacità di stare sempre sull’onda, con ogni vento, nella sfida infinita a NaturaFatoDivino. Riconosce e trova in Achab “Re del dolore” la tenacia e la capacità d’improvvisare, per andare oltre i propri limiti. Un maestro da seguire, quando non piuttosto un padre che ritrova – troppo tardi, forse! – il figlio perso, anche lui ora disposto a sfidare il proprio mostro, dentro il mare del sé.

La scenografia di Stefano Sabelli evoca la tolda di una baleniera, con alberi e vele, in rotta su un oceano infinito di libri. Il pubblico, accomodato intorno alla nave, a ridosso degli attori, è inglobato nell’azione scenica. Un mare fluttuante, chiamato in causa pure come equipaggio del Pequod.

Le musiche di Giuseppe Moffa eseguono dal vivo una suite mediterranea che da voce e corpo al terzo interprete, sempre evocato, di questo allestimento: la Balena bianca. L’uso di loop machinee di strumenti della tradizione popolare miscela note e suoni dell’anima che preparano l’urlo finale, straziante e lancinante, della zampogna. Quando emerge, abbagliante e bianca, dai flutti dell’anima di Achab: Moby Dick, la Bestia dentro.

RECENSIONI

repertorio storico

LE CAMPANE DI DANTE

L’ASINO di Jon Jasper Halle

TORNÒ AL NIDO… e altre Titine

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